Ma per iscongiuri che profferì, tutto fu inutile: la ragazza viva e rinsanichita nun viense fora.
Quegli della Corte, aspetta aspetta, finalmente volsan vedere quel che era successo, e come s'accorsano della ragazza incenerita a quel mo', nun fecian discorsi, chiapporno Pipetta, lo messano in prigione e lo condannorno alla morte.
Andeva dunque Pipetta al supplizio, e per istrada piagnendo scramava ugni tanto:
- Oh! i' avessi qui il mio vecchino! Ma i' me la merito la mi' sorte. I' lo trattai troppo male. Pacienza!
Ma deccoti a una svoltata il vecchino apparisce vestito da gran signore; ferma le guardie e domanda:
- Che è successo?
Arrisposan le guardie col raccontargli il malestro di Pipetta, e che però il Re l'aveva condannato al taglio della testa.
Dice il vecchino:
- Via! rimenatelo arrieto che a questo fatto ci rimedio io.
Accosì Pipetta fu rimenato al palazzo, in dove il vecchino volse che gli portassino quella po' di cendere rimasa dal bruciamento della ragazza, e con du' parole la gli viense fora viva e vispola, che era una maraviglia, sicché Pipetta rimanette libbero e se n'andiede assieme al vecchino dal Re.
Dice il vecchino:
- A questo giovanotto i' gli voglio un gran bene, e però glielo arracomando a Sua Maestà, abbeneché lui sia stato un po' scapestrato e dimolto bugiardo. 'Gli ha tavìa delle bone qualità.
La conclusione insomma fu che Pipetta sposò la' figliola del Re, e doppo che questo moritte lui diviense il regnante di quel Regno.
NOVELLA XXXII
La Ragazza serpe
(Raccontata dalla Luisa vedova Ginanni)
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