Ma più che lui cresceva con gli anni 'struito, sverto e vittoriente, come avea detto quel filosafo, più i genitori stevan per lui in pensieri; massime su' madre spesso lo guardava con le lagrime agli occhi sospirando, sicché il ragazzo un giorno gli domandò:
- Melo dite, mamma, in che modo vo' piagaste in nel guardarmi?
Dice lei:
- I' piango e sospiro, perché un filosafo prognosticò alla tu' nascita, che te [287] da grande ci areresti dibandonato e che nun ti si vedrebbe ma' più.
Scrama il ragazzo:
- Ma che vi pare! Come si fa a credere a codeste cose sciocche? Io per me vi prutesto che nun vi dibandonerò mai.
Ma a questa su' prutesta la madre nun si racconsolava punto; aveva paura del destino.
Quando il ragazzo fu di diciott'anni, che oramai 'gli era un giovanotto fatto, un giorno 'gli andiede a trovare i su' genitori:
- Mi faresti una grazia?
- Che grazia vo' tu? Parla, che siem pronti a contentarti, - gli arrisposano.
Dice lui:
- Decco! I' veggo tutti andar fora dal portone del palazzo, e a me mi tocca a rimanere sempre serrato qua drento. Lassatemi un po' vedere anco a me qualcosa di novo.
A questa domanda que' poeri genitori sentirno un gran dolore, e si sforzorno di persuadere il figliolo a 'un nuscire di casa: ma propio furno sforzi inutili.
Dice lui:
- Ma di che avete paura? Ch'i' mi dilontani e nun torni ma' più? Oh! che credete davvero alle bugìe d'un filosafo? 'Gnamo! rassicuratevi pure, ch'i' nun ho punta voglia di fuggire di casa. Datemi uno stioppo, de' cani e un servitore per accompagnarmi, e vo' vederete che la sera i' viengo sempre per cenare assieme.
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Gnamo
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