I su' figlioli son là che [294] ugnolano dallo stento.
Dice il padrone:
- Nun mi garba il vostro operato. Badate di ricercarlo il mi' Giorgio, e a' su' figlioli dategli da mangiare.
Giorgio infrattanto in nel girandolare per quelle campagne 'gli era arrivo a una villa; picchia e domanda la limosina d'un po' di pane, e viense la signora del posto che gli domandò dell'essere suo. Giorgio, insenza vergogna, gli arraccontò chi era e che della voglia di lavorare lui nun n'aveva punta, ma gli sarebbe garbata dimolto la vita del signore.
Dice la signora:
- Tu mi vai a genio, guarda! e sono intenzionata d'aitarti. Sali su con meco e ti farò un bel regalo, e se te avrà' giudizio, per fare il signore a tu' piacimento nun ti mancherà propio nulla.
Giorgio credeva che la signora volessi regalargli un sacchetto di monete, ma lei in scambio gli diede una bella scatola serrata, e gli disse:
- Tieni: quando ti bisogna qualunque cosa, batti con le nocca delle dita sul coperchio di questa scatola e lei si aprirà, e te sentirai una voce che dice: "Comandi!" e appariranno du' omini pronti a servirti. Chiedigli a loro tutto, perché loro ti porteranno tutto quello che vòi.
La scatola Giorgio la pigliò, ma gli parse una burla, e con quella sotto il braccio riviense a casa sua, addove i su' figlioli gli corsano incontro urlando:
- Babbo, s'ha fame, s'ha fame! Dateci qualcosa da mangiare.
Dice Giorgio:
- Aspettate un po'. Una signora m'ha dato un arnese, e deccolo qui, che 'gli è propio bono per contentarci d'ugni cosa.
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Giorgio Giorgio Giorgio
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