Lassatemelo provare.
Mette dunque la scatola in sul tavolino e ci picchia sopra con le nocche delle dita, e subbito si sente una voce:
- Comandi! - e sguiscian fora du' omoni, ma grandi spropositati, che parevano du' servitori.
Dice Giorgio, doppo che si fu rimettuto dalla prima paura:
- I' comando che ammannite un bel desinare.
In un mumento la tavola viense apparecchiata; vino, pan di panetto, pietanze d'ugni sorta, frutta e pasticci, ce n'era d'avanzo: insomma, una tavola da Re. Giorgio e i su' figlioli nun mangiorno, che! diluviorno; dientro il corpo nun gli ci rientrava più nulla; e doppo le frutta, beverno anco il caffè col su' rumme miscolato.
Con questa vita, lo credo! diventorno tutti 'n pochi giorni grassi e tondi come tanti maiali, e allora sì che stavano 'n panciolle a far l'arte di Michelazzo!
[295] Il fattore, in nel vedere Giorgio e la su' famiglia a quel modo rinsignoriti, nun sapeva in dove sbatter la testa per cognoscere il ricavo di tante ma' ricchezze; li desinari, li cene, li mobili lussuosi, li vestuari puliti d'ugni sorta.
Dice:
- Com'è egli ita, Giorgio, questa faccenda?
Arrisponde lui:
- Eh! ho trovo il tesoro. Ora i' me ne 'nfistio di lavorare, e che vo' mi diate il campamento nun me ne importa più nulla.
Dice il fattore:
- Ma si pole vedere questo tesoro che tu ha' trovo?
- Sicuro, che si pole vedere! - scramò Giorgio.
- Deccolo qui dientro in questa scatola. Basta ch'i' chieda e i' son servito di tutto punto.
- Tu sie' matto! - disse il fattore.
- Te mi vo' dare a intendere delle buscherate.
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Giorgio Michelazzo Giorgio Giorgio Giorgio
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