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      Figuratevi, se doppo quella gente 'gli era più morta che viva! E' l'ebbano il bel desinare! e al padrone gli toccò anco di be' rimbrontoli e maladizioni; sicché lui che capì subbito d'addove gli vieniva il malanno, corse infurito alla casa di Giorgio per far le su' vendette.
      Sì! 'gli era più lì Giorgio a aspettarlo!
      Gli conviense tienersi le busse e la vergogna, e ripentirsi troppo tardi del su' mal operato.
     
     
     
     
      NOVELLA XXXV
     
     
     
      * Il Mattarugiolo e il Savio
      (Raccontata dalla Luisa vedova Ginanni)
     
     
     
      La sorte fece nascere du' fratelli, che 'nnanzi che loro fussano grandi erano rimasi insenza il babbo, sicché se ne stevano con la su' mamma sola. Di questi du' fratelli, il maggiore 'gli era un giovanotto savio che gli garbava lavorare e mantieneva tutta la casa, da poero bracciante, veh! ma pure nun gli faceva mancar di niente: quell'altro, il più piccino, 'gli era 'nvece mattarugiolo, un po' scemo di cervello, via! e nun sapeva smovere una pagliucola ammodo; le faceva lui tutte alla rovescia le su' cose.
      Un giorno il Mattarugiolo va dal Savio; dice:
      - Quanto mi garbano quelle ragazze di laggiù 'n fondo alla via! Anco loro, se le 'ncontro, mi guardano e ridono.
      Dice 'l Savio:
      - Vacci a veglia.
      - Oh! che ci si fa egli a veglia? - domanda 'l Mattarugiolo.
      Dice 'l Savio:
      - Si discorre, s'arraccontan delle novelle, e quando s'è 'nnamorati, alla dama gli si tira dell'occhiate.
      Il Mattarugiolo, quand'ebb'uto queste 'struzioni, va in nella stalla in dove eran le capre e gli leva a tutte gli occhi, e po' di quest'occhi se ne piena una tascata; la sera poi si mette addosso la meglio giubba e corre a veglia dalle ragazze, e lì a dire buacciolate e a far versacci; sicché tutta la conversazione rideva a crepapancia e lo sbeffavano a bono il Mattarugiolo.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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