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      - Questo figliolo lo voglio io; me l'avete a dare: perché se lui deve esser Re, bisogna che sia aducato per quel mestieri, e voialtri per questo nun potete esser capaci. Io de' figlioli nun n'ho, e tierrò questo per mi' figliolo legittimo.
      Si sa, gli omini tacciono e le donne discorron di più; il contadino 'gli steva zitto, e nun opponeva difficoltà; ma la su' moglie in scambio si lamentava che gli volessan portar via la creatura a male [304] brighe nata.
      In ugni mo' poi, doppo un pezzo, di' e ridi', anco lei si persuade, e il Re con quel bambino rifasciato, lassata una bona mancia a' su' genitori, se n'andiede assieme al su' servitore che per insino a lì l'aveva accompagno; ma quando gli arrivorono in mezzo a un bosco folto, addove c'era il mare vicino, disse il Re al servitore:
      - To', piglia questo coltello e ammazzalo codesto bambino e po' buttalo 'n mare. I' t'aspetto all'osteria e 'ntendo che te mi porti il fegato della creatura morta, perché i' me lo vo' mangiare.
      Il servitore rimanette nel bosco, e doppo che il Re si fu dilontanato, badava a dire fra sé e sé:
      - Guà! che be' modi! Rubbare i bambini degli altri per poi ammazzargli. E bisognerà ch'i' l'ammazzi per ubbidienza questo innocente; che s'i' nun gli porto il fegato al padrone, la mi' testa chi me la salva?
      Alzò dunque il coltello e menò un colpo nel collo della creatura; ma in quel mentre che gli tirava, decco gli comparisce intra i piedi al servitore un agnello, sicché subbito trattiense la mana e pensò di cavare il fegato alla bestia, e il bambino lassarlo nel bosco, ferito a quel mo', e raccomandato alla bontà di Dio; e accosì fece.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





Dio