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      Guà! e' s'addanno le persone che sempre garbano e incontrano!
      E po' qui 'gli era un destino. Sicché un giorno disse il Re a Fiorindo:
      - I' ti voglio con meco per camberieri.
      A Fiorindo nun gli parse vero, fu presto d'accordo e l'alloggiorno dientro proprio al Palazzo reale, vestiva Sua Maestà e steva ugni sempre al su' lato.
      Ma ora bisogna sapere, che, siccome i' ho già detto, questo Re de' figlioli masti nun n'aveva, bensì una figliola di tredici anni e che si chiamava Chiara Stella; una bellezza da nun si credere, manierata, gentilina, con una faccia di sole, sempre piena d'allegria.
      Vo' capite quel che 'gli accadette; i giovani 'gli è troppo facile che s'innamorino al solo vedersi, massime poi se s'intendono tra di loro. Fiorindo preparava tutte le mattine un mazzettino con un po' di geranio, un po' di dittamo, delle rose, delle viole ammammole, e che so io, e quando Chiara Stella sortiva per il giardino in compagnia della camberiera, lui glielo deva; discorsi infra di loro nun ne feciano, ma con gli occhi parlavan più meglio che con la bocca; insomma, finirno col volersi un ben dell'anima, e lutti se n'erano accorti all'infora del Re.
      Già, i babbi e i mariti campati sempre in sul fidati, [307] e però ènno ciechi a bono.
      Ma in nelle Corti degl'invidiosi ce n'è a dovizia, e tutti gli altri servitori gli astiavano all'arrabbiata Fiorindo, perché il Re se lo tieneva ugni mumento d'attorno e si confidava con lui su' tutte le cose.
      Cominciorno dunque a fargli la spia, e a riportare al Re che Fiorindo s'ardiva di fare all'amore con la Principessa su' figliola.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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