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      La Testa di Bufala a quelle carezze della bambina s'arrizzò mugolando dal contento, e poi gli domandò:
      - Che ci vierresti a star con meco?
      Dice la bambina:
      - Oh! se il babbo nun me lo niega il permesso, io per me ci viengo a star con voi.
      A farla corta, il contadino nun fece opposizione punta alla voglia della su' bambina, sicché la Testa di Bufala a ruzzoloni in sulle corna si mettette a camminare e la bambina a salti e sbattendo le mane gli andeva rieto.
      Cammina cammina, la Testa di Bufala nentrò in un bosco, e quando fu a mezzo, c'era lì per le terre una lapida, l'aperse e turuntù! dientro a balziculi; arriva che fu in nel fondo, disse alla bambina:
      - Levati gli zoccoli e scendi anco te. Bada, fa' piano, perché la scala è di vetro.
      La bambina si cavò gli zoccoli e scendette, e c'era un bell'appartamento, ma ricco, che nun ci mancava nulla nemmanco per un Principe.
      La Testa di Bufala s'accomidò su una sieda e da quel giorno si mettiede a aducare per bene la su' scolara, più meglio che una mamma vera e propia. E gl'imparò i lavori d'ugni sorta, a tienere ravviato il quartieri, a far da cucina, a stirare; e la bambina diviense di molto capace in ugni cosa, e anco in nel leggere e nello scritto, e in quel mentre cresceva a vista d'occhio, sicché in pochi anni s'era fatta una gran bella ragazza, e lei la Testa di Bufala la chiamava mamma.
      Una sera che tutt'addua stevano lì chiacchierando, deccoti si sente picchiare in sulla lapida di fora.
      Dice la ragazza:
      - Mamma, e' picchiano.
      - Che! ti sarà parso, - arrisponde Testa di Bufala.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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