- Pan solo! Anco il pan solo è bono, quando nun c'è altro. Ma sarebbe anco più bono tavìa con del cacio e con un po' di vino sopr'esso per mandar giù meglio ugni cosa.
Dice Gianni:
- Lassatemi arritornare dallo zio, e il cacio e il vino vo' l'arete.
Insomma, per nun farla tanto stucca, bastava che Gianni 'gli andessi dal su' Pesciolino e gli chiedessi della robba, che tutto quel che lui voleva, lui l'aveva; e quando viense il freddo di verno, Gianni portò a casa una pezza di lendinella per il vestito della mamma e della sorella, e un'altra di panno per sé, che erano prima quasimente 'gnudi e battevan le gazzette.
Ora, e' successe che un giorno Gianni 'gli era dientro a un bosco a cercare di legne, e s'accostò a un palazzo e ci vedde al balcone la figliola del Re; una bellezza da levar gli occhi a guardarla soltanto.
Pensò Gianni:
- Se la fussi mia! Ma com'è possibile ch'i' possa sposare una figliola di Re, io meschino accosì?
E s'intrattieneva lì sotto al balcone a strolagare; ma quella ragazza nun ci abbadò a lui più che tanto. Figuratevi, se una Principessa a quel mo' voleva abbadare a un poero straccione di per le strade!
A un tratto Gianni, indispettito da quell'aria un po' superbiosa della Principessa, barbottò:
- Che te possa fare un figliol mastio per virtù del mi' Pesciolino!
E poi se n'andiede a casa diviato.
Le parole di Gianni non cascorno 'nvano, perché la figliola del Re si cominciò a sentir male. Subbito chiamano i dottori a visitarla, e loro, doppo averla tastata chi di qua e chi di là, gli dissano:
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