E ora addio.
E sparirno que' quattro omoni, che nimo gli ha più visti da quel tempo 'nsin'a qui.
A bruzzolo Giovannino sente da lontano cantare, Miserere mei, miserere mei, e 'gli era la Compagnia della Chiesa che con la bara vienivan a portar via Giovannino, perché pensavano che assolutamente lui fusse morto come tutti gli altri stati la notte dientro 'l palazzo delle paure.
Apran la porta e 'n scambio te lo veggan vivo.
- Bravo Giovannino! bravo Giovannino! - gli urlavano da tutte le parti, e il fattore assieme al prete gli andierno 'ncontro con grandi feste e allegrezze, e volsan sapere da lui quel che 'gli era successo e in che modo aveva possuto scampare la morte.
E lui a raccontargli per filo e per segno l'apparizioni di que' quattro omoni giù per la cappa del cammino, e de' comandi avuti, e da ultimo diede al fattore e al prete le du' pentole di monete che gli toccavano di parte, e doppo una bella culizione volse seguitare a viaggiare per il mondo e non ci fu versi di trattienerlo a starsene lì con quella gente.
Camminò dimolti mesi per più loghi e da signore per via di quella pentola di quattrini, e un giorno capitò a una bottega di legnaioli in una gran città.
I legnaioli gli domandorno chi era.
Dice lui:
- I' sono Giovannino insenza paura, perché io non ho mai paura di nulla.
- Chi lo sa? - disse un di que' legnaioli.
E Giovannino:
- Metterai alla prova.
Dice il legnaiolo:
- Sta' a vedi quel che no' si pole fare, e se te nun ha' paura, te sie' bravo.
Tre di loro presano 'l quarto legnaiolo, lo stesano sul pancone e poi con la sega gli staccorno la testa dal busto; doppo con una mestura fatta a posta gliela riappiccicorno al su' posto, e quello s'arrizzò e si mettiede a discoprire e a cantare come prima.
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