- Lo sa' te chi son io?
Dice la Tieresa:
- Sicuro che lo so. Vo' siete Tonino, il mi' sposo.
Dice Tonino:
- Eh! per questo 'gli è giusto. Ma i sono un capo-ladro, e i mi' fratelli èn tutti ladri, e no' si va a rubbare e assassinare tutte le sere.
- Oh! birboni! - scrama la Tieresa. - Rimenatemi a casa mia. Nun ci vo' vienire con voi. Vo' m'avete tradito.
Dice Tonino:
- Eh! ora te ci siei e bisogna che te ci stia; e bada di portarti bene e di far l'ubbidienza, se ti preme la tu' vita.
Figuratevi le disperazioni di quella poera donna! Ma nun c'era più rimedio.
Doppo del tempo la carrozza si fermò a una casetta 'n mezzo alla macchia, e quella 'gli era la casetta degli assassini; scesano e la Tieresa la messan dientro, e Tonino gli disse:
- L'obbligo tuo è di tienere il quartieri ravviato, di farci da mangiare, e badare che ugni cosa sia ben addesata per le stanze. Nun c'è da dormire. La notte no' si va fora, e te devi serrar la porta, e a male brighe si ritorna subbito aprirla. E nun ci fare aspettare, insennonò, poer'a te. C'è poi un vecchio, nostro cognoscente, che ugni tanto porta una cesta di cotone. Nun lo pigliare se nun è di bona qualità; e te con questo cotone tu ha' da rinvoltare la nostre gioie, che ènno per gli armadi e i cassettoni. Nun ti smenticare di nulla.
Per la prima e la seconda notte le cose camminorno per il su' verso e la Tieresa fu sempre pronta a aprir l'uscio, quando gli assassini arritornavano a casa carichi di robba rubbata; ma la terza notte, stracca [388] morta dalle fatiche e dal gran piagnere, la Tieresa s'addormì com'un pioppo, sicché que' birboni gli ebbano a sbatacchiar l'uscio e a sbergolare per un pezzo prima che lei si scionnassi per fargli nentrare.
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Tieresa Tonino Tonino Tieresa Tonino Tieresa Tonino Tieresa Tieresa
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