[393] Ma torniamo a' ladri, quando loro si partirno dal vecchio per in verso la su' casa.
Picchia, chiama, fistia e nimo gli rispondeva. Guà! la Caterina 'gli era scappata via, lo credo! Gli conviense buttar giù l'uscio a forza di calci, e s'accorgevano che dientro era vôto di persone vive.
Il Capo-ladro s'arrabbiò a bono, tanto più che s'avvedde anco della fuggita del figliolo del Re, e ci corse poco che nun si dettan tra di loro que' birboni per via del più piccino, perché gli apponevano tutta la colpa a lui di quel malestro; da ultimo però fecian le paci e il Capo-ladro in nel girare viense a cognoscere per i bandi lo sposalizio della Caterina, e si mettiede in nella testa una barbara vendetta.
Per sincerarsi di più lui si travestì da gran signore, e un bel giorno che spasseggiava per la città reale vedde assieme con il su' sposo la Caterina a pigliare il fresco in sulla terrazza del palazzo, e subbito con un dito ritto e' fece accenno scossandolo che lui 'ntendeva di rifarsi. La Caterina a quel verso s'insospettì, e strignendo gli occhi cognobbe bene che quel signore era Tonino, e dato una voce al Re glielo disse:
- Guarda quel signore: 'gli è il capo-ladro che ci cerca.
Ma quando le guardie andorno per arrestarlo, Tonino 'gli era di già sparito e nun ricomparse più per le strade; bensì almanaccò un tradimento per avere nel su' possesso la Caterina e ammazzarla a modo suo.
Lui fece fabbricare una colonna di legno prezioso al più bravo artieri, e la ricoperse da capo a piè di monete d'oro e d'argento, di catene e di pietre di gran prezzo, e dientro alla colonna ci serrò un ragazzo da lui 'ndettato siccome 'gli aveva da diportarsi; poi chiamò un garzone e gli disse:
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