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      - Oh! - scrama Giuseppe: - pole darsi che lo cognosca. Se è quello che m'immagino, sappia che lui è vivo e diventato un signorone, perché lui aveva una bottega d'orefice e gioiellieri con un grosso commercio. Gli erano dapprima successe delle disgrazie; ma poi la sorte lo favorì. Ha moglie e figlioli, e credo dicerto che lui voleva chiudere la bottega e arritornarsene a casa sua. Se m'arricordo bene, lui anzi m'arraccontò d'avere lasso 'n cammera cento fiorini d'oro sdimenticati sotto una mattonella del solaio, addove lui gli tieneva niscosti.
      Dice 'l Vecchio:
      - Se ce gli mettiede e' c'ènno sempre, perché dal giorno che lui partì la su' cambera fu serrata e nimo ci nentrò più mai.
      Sentuto questo Giuseppe ci mancò poco che nun si scoperse; ma nunistante si trattiense, sporse la mana al Vecchio e gli disse:
      - Domani l'aspetto assieme a tutta la su' famiglia a desinare con meco. I' gli 'farò cognoscere i mia e con comido poteremo ragionar dell'altro su questo figliolo domandato Giuseppe, e che forse è già per istrada per rivienirsene a casa sua. Addio, addio.
      A male brighe a casa il Vecchio raccontò a' sua la conversazione avuta col signore forestiero, e che lui gli aveva dato bone speranze di rivedere presto Giuseppe, e che di più dovevano tutt'assieme andare a desinare nel su' albergo il giorno doppo; e difatto all'ora fissata gli erano a tavola e mangiavano allegramente, [405] e il Vecchio ricordava l'azioni di Giuseppe prima della su' partenza per Costantinopoli; sicché Giuseppe ugni po' po' si sentiva intenerire e gli vienivano le lagrime agli occhi.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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