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      La Caterina rimanette a casa co' il bambino, e lo sposo se n'andiede al comando dell'esercito.
      Infrattanto però, quel birbone di Maestro, in nel girandolare di qua e di là, gli era capitato alla villa della Caterina, e quando la vedde un giorno alla finestra, subbito la ricognobbe e capì che i soldati nun l'avevano morta, bensì 'n scambio salvata e dato a intendere a so' padre d'essere stati ubbidienti: dunque, volse discorrire con lei, perché sempre 'nnamorato, e co' una lettera in tra le mane viense alla porta della villa e picchiò.
      S'affaccia la Caterina e domanda:
      - Chi siete? che cercate, galantomo?
      Dice il Maestro:
      - I' ho una lettera del su' sposo. M'apra.
      - Che! - arrispose la Caterina: - nun è possibile a quest'ora che qui. Le lettere del mi' sposo, lui me le manda sempre avanti la levata del sole e doppo sotto il sole. I' nun apro e ve ne potete andare. Codesta lettera nun è per me.
      E 'nsenz'aspettare che il Maestro gli riparlassi, gli sbacchia la 'nvetriata 'n sul grugno e disparisce.
      Il Maestro 'ncattivito dalla mala rinuscita rimane lì com'un allocco, ma nun si sperse punto di coraggio, e almanaccò di fare le su' vendette; sicché, quando fu notte buia, da un finestrino basso ripì su per le muraglie e carponi gli andette per insino 'n cambera della Caterina, che al rumiccìo tutta sospetta e' s'era svegliata e co' una voce tremolante principia a urlare:
      - Oh [425] Dio, i ladri!
      Dice il Maestro:
      - I' ladri no: i' son io, e so' vienuto per possederti o per amore o per forza, Caterina.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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