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      Dice Petronio:
      - Ma che noia v'ha egli dato codesta bestia? Che sugo c'è di romper le tasche a chi non vi guarda? 'Gnamo! Seguitate per il vostro viaggio e lassatela in pace la serpe.
      A male brighe che l'omo fu ito via, di [500] repente apparse a piè della siepe una ragazza di maravigliosa bellezza, con du' occhi simili a' raggi del sole, la chioma de' capelli tutta fila d'oro, e nemmanco il più bravo ritrattore sarebbe stato capace di rifarla.
      Petronio rimanette mezz'allocchito, e la ragazza gli disse:
      - I' son io la serpe che cercava quell'omo e se m'avessi pur morta e raddutta in pezzettini, 'gli era la listessa, perch'i' sono una Fata e nun mi si pole ammazzare. In ugni mo' la tu' bona 'ntenzione m'è garbata, e sappi che no' siemo parenti, perché te vieni come me da una stirpe di serpi. I' sono la figliola della fata Manta, e quando buttorno la prima pietra della città di Mantova, la mi' mamma fu quella che la trascelse. Se te lo brami, deccomi pronta a servirti in ugni cosa. Che la passione per l'Argia ti s'è scassiata dal core?
      Petronio arrispose:
      - Eh! no, ci penso sempre all'Argia. Ma siccome per via di lei ho finito tutt'e' quattrini e mi trovo poero 'n canna, i' vo per il mondo 'nsenza sapere addove mi fermerò, e della Argia nun ne so più nulla.
      Dice la Fata:
      - La tu' Argia t'ha smenticato e sposò Anselmo di Bologna, che n'è geloso a morte, e ora lui 'gli è ito a Roma dal Papa e ha lasso l'Argia in una su' villetta 'n custodia della servitù. Ma se te vòi, i' te la fo avere 'n possesso per una notte l'Argia.


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Sessanta novelle popolari montalesi
di Gherardo Nerucci
Editore Le Monnier Firenze
1880 pagine 665

   





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