E' nun eran passe tre settimane, che successe per l'appunto quel che Anselmo aveva pensato; perché per un comando frainteso l'Argia principiò a gridare la camberiera e questa a rispondergli attraverso; se ne dissano d'ugni colore e da ultimo la camberiera stizzita scramò:
- Eh! se lei 'gli ha uto 'n regalo il cagnolino delle fortune, bello sforzo! E' bastò che lei menassi una notte a dormir con seco quel cavaglieri.
Anselmo che steva niscosto a sentire il battibecco tra padrona e camberiera, subbito disse al su' servitore fidato:
- I' vo a Bologna, e te piglia questa spada e porta l'Argia in qualche bosco, e lì ammazzala e po' vieni a trovarmi.
A male brighe partito Anselmo, il servitore con la scusa di una spasseggiata fece sortire fora sola con seco l'Argia, e arrivo a una selva disse:
- Signora padrona, i' ho l'ordine 'spresso del su' marito ch'i' l'ammazzi per via de' su' cattivi portamenti. Dunque si butti 'n ginocchioni e s'arraccomandi a Dio alla lesta, perch'i' 'ntendo d'ubbidire.
L'Argia volse [503] rispondere, supplicare quel servitore a nun esser tanto barbaro; ma lui sfoderò la spada e stendette la mana per infilziarla quella disperata. Però il colpo gli andiede a voto, e l'Argia in quel mentre sparì com'un fumo, e 'l servitore rimase a mo' d'un allocco, nun la vedendo più in nissun lato, corse a raccontare questo miracolo a Anselmo:
- Ma che novella te mi dai a intendere? 'Gnamo! menami al posto addove tu di' che l'Argia è sparita. Mi vo' sincerare da per me.
Gli ci volse del bono a que' dua a ritrovar la selva; ma più anco Anselmo fu sorpreso in nel vedere che lì c'era un palazzo tutto d'alabastro, con un tetto d'oro e le cantonate fatte di diamanti e altre pietre preziose e sul portone ci steva ritto un bratto mostro femminino, che uno l'arebbe creduto piuttosto un animalaccio salvatico e no di stirpe cristiana.
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