Anselmo gli s'accostò tavìa e gli dice:
- Di chi è questo palazzo?
Fa il mostro:
- 'Gli è mio, e se lei brama di visitarlo anco dientro, nun ci ho difficoltà a mostrargli le maraviglie e le ricchezze smense che s'arritrovano in ugni stanza.
Arrisponde Anselmo:
- Volenchieri.
Assieme dunque girorno il palazzo di fondo 'n vetta, e Anselmo si sentiva vienine l'acquolina per la bocca in nello scorgere l'oro, l'argento, le pietre preziose, le seterìe e le mobiglie di lusso ammonticellate a divizia per insino in dove nun ce n'era punto bisogno, e nun potiede tracchienersi dallo scramare:
- Oh! s'i' fossi io il padrone di questo bel logo!
Dice 'l mostro:
- Tutto è tuo, a patto che diaccia per una notte con meco.
A simile proposta dapprima si riscoté Anselmo per via della bruttezza orribile di chi gliela faceva; ma poi, scommosso dallo 'nteresse, si risolvé di guadagnarsi 'l palazzo anco a quel mo', sicché la sera doppo cena andiede 'nsenza pensarci più che tanto a dormire con quella specie di bestiaccia, e a occhi serri volse ficurarsi nell'idea d'aver accanto la più perfetta donna di questo mondo.
Ma a un tratto, in verso una cert'ora, deccoti si spalanca una porta e nentra di corsa 'n cambera l'Argia:
- Bravo! Ora no' siemo del pari. Ma no, mi scambio: perché io almanco e' diacei co' un bel cavaglieri e te ti veggo 'n compagnia d'un mostro, che nun si sa di che stirpe 'gli è, ma più bestia che cristiano. E anco te sie' casco per lo 'nteresso.
Si alzò a siedere Anselmo a quella romanzina della su' moglie e [504] gli sporse la mana e gli disse:
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Anselmo Anselmo Anselmo Argia Anselmo
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