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      Ma la perseveranza va in qualche modo gratificata, e siccome non mugolava mai un temporale senzaché la chioccia campanella del castello non gli desse il benarrivato, cosí era suo dovere il rendergli cortesia con qualche saetta. Altri davano il merito di queste burlette meteorologiche ai pioppi secolari che ombreggiavano la campagna intorno al castello: i villani dicevano che, siccome lo abitava il diavolo, cosí di tratto in tratto gli veniva qualche visita de' suoi buoni compagni; i padroni del sito avvezzi a veder colpito solamente il campanile, s'erano accostumati a crederlo una specie di parafulmine, e cosí volentieri lo abbandonavano all'ira celeste, purché ne andassero salve le tettoie dei granai e la gran cappa del camino di cucina.
      Ma eccoci giunti ad un punto che richiederebbe di per sé un'assai lunga descrizione. Bastivi il dire che per me che non ho veduto né il colosso di Rodi né le piramidi d'Egitto, la cucina di Fratta ed il suo focolare sono i monumenti piú solenni che abbiano mai gravato la superficie della terra. Il Duomo di Milano e il tempio di San Pietro son qualche cosa, ma non hanno di gran lunga l'uguale impronta di grandezza e di solidità: un che di simile non mi ricorda averlo veduto altro che nella Mole Adriana; benché mutata in Castel Sant'Angelo la sembri ora di molto impiccolita. La cucina di Fratta era un vasto locale, d'un indefinito numero di lati molto diversi in grandezza, il quale s'alzava verso il cielo come una cupola e si sprofondava dentro terra piú d'una voragine: oscuro anzi nero di una fuliggine secolare, sulla quale splendevano come tanti occhioni diabolici i fondi delle cazzeruole, delle leccarde e delle guastade appese ai loro chiodi; ingombro per tutti i sensi da enormi credenze, da armadi colossali, da tavole sterminate; e solcato in ogni ora del giorno e della notte da una quantità incognita di gatti bigi e neri, che gli davano figura d'un laboratorio di streghe.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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