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      Il Cancelliere, forse per modestia, era tanto umile e sdruscito nel suo arnese quanto il principale era splendido e sfarzoso; ma la natura gli consigliava una tale modestia perché un corpicciuolo piú meschino e magagnato del suo, non lo si avrebbe trovato cosí facilmente. Dicono che si mostrasse guercio per vezzo; ma il fatto sta che pochi guerci aveano come lui il diritto di esser creduti tali. Il suo naso aquilino rincagnato, adunco e camuso tutto in una volta, era un nodo gordiano di piú nasi abortiti insieme; e la bocca si spalancava sotto cosí minacciosa, che quel povero naso si tirava alle volte in su quasi per paura di cadervi entro. Le gambe stivalate di bulgaro divergevano ai due lati per dare la massima solidità possibile ad una persona che pareva dovesse crollare ad ogni buffo di vento. Senza voglia di scherzare io credo che detratti gli stivali la parrucca gli abiti la spada e il telaio delle ossa, il peso del Cancelliere di Fratta non oltrepassasse le venti libbre sottili, contando per quattro libbre abbondanti il gozzo che cercava nascondere sotto un immenso collare bianco inamidato. Cosí com'era egli aveva la felice illusione di credersi tutt'altro che sgradevole; e di nessuna cosa egli ragionava tanto volentieri come di belle donne e di galanterie.
      Come fosse contenta madonna Giustizia di trovarsi nelle sue mani io non ve lo saprei dire in coscienza. Mi ricorda peraltro di aver veduto piú musi arrovesciati che allegri scendere dalla scaletta scoperta della cancelleria.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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