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      - Dunque, figliuol mio, voi non volete fare la vostra comparsa sopra un bel cavallo bardato d'oro e di velluto rosso, con una lunga spada fiammeggiante in mano, e dinanzi a sei reggimenti di Schiavoni alti quattro braccia l'uno, i quali per correre a farsi ammazzare dalle scimitarre dei Turchi non aspetteranno altro che un cenno della vostra bocca?
      - Voglio cantar messa io! - piagnucolava il fanciullo di sotto al grembiule della Contessa.
      Il Conte, udendo quella voce piagnucolosa soffocata dalle pieghe delle vesti donde usciva, si voltò a vedere cos'era; e mirando il figliuol suo intanato colla testa come un fagiano, non ebbe piú ritegno alla stizza, e diventò rosso piú ancor di vergogna che di collera.
      - Va' dunque in seminario, bastardo! - gridò egli fuggendo fuori della stanza.
      Il cattivello si mise allora a singhiozzare e a strapparsi i capelli e a dar del capo nelle gambe della madre, sicuro di non farsi male. Ma costei se lo tolse fra le braccia e lo consolava con bella maniera dicendogli:
      - Sí, viscere mie; non temere; ti faremo prete; canterai messa. Oh non sei fatto tu, no, per versare il sangue de' tuoi fratelli come Caino!...
      - Ih! ih! ih! voglio cantar in coro! voglio farmi santo! - strepitava Orlando.
      - Sí... canterai in coro, ti faremo canonico, avrai il sarrocchino, e le belle calze rosse; non piangere tesoro mio. Sono tribolazioni queste che bisogna offerirle al Signore per farsi sempre piú degni di lui - gli andava dicendo la mamma.
      Il fanciullo si consolò a queste promesse; ed ecco perché il conte Orlando, in onta al nome di battesimo e a dispetto della contrarietà paterna, era divenuto monsignor Orlando.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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