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      San Marco sonnecchiava; o se vegliava e puniva, la giustizia si faceva al buio; atroce pel mistero, e inutile pel nessun esempio. Intanto il patriziato friulano cominciava a dividersi in due fazioni; l'una paesana, piú rozza, piú selvatica, e meno propizia alla dominazione dei curiali veneziani; l'altra veneziana, cittadinante, ammollita dal diuturno consorzio coi nobili della dominante. Le antiche memorie famigliari e la vicinanza delle terre dell'Impero attiravano la prima al partito imperiale; la seconda per somiglianza di costumi piegavasi sempre meglio a una pecorile obbedienza dei governanti; ribelle la prima per istinto; impecorita la seconda per nullaggine, ambidue piucché inutili nocive al bene del paese. Cosí veggiamo parecchi casati magnatizi durare per molte generazioni al servizio della Corte di Vienna, e molti altri invece imparentati coi nobiluomini di Canalazzo ed esser onorati nella Repubblica da cariche cospicue. Ma i due partiti non s'aveano diviso fra loro le costumanze e i favori per modo che non fosse qualche parte promiscua. Anzi alcuno fra i piú petulanti castellani fu veduto talvolta andarne a Venezia per far ammenda dei soprusi commessi, o comperarne dai senatori la dimenticanza con delle lunghe borse di zecchini. E v'avevano anche dei nobiluzzi, venezievoli in città pei tre mesi d'inverno, che tornati fra i loro merli inferocivano peggio che mai; sebbene tali gradassate somigliassero piú spesso truffe che violenze, e sovente anche prima di commetterle se ne fossero assicurati l'impunità. Quanto a giustizia io credo che la cosa stesse fra gatti e cani, cioè che nessuno la pigliasse sul serio, eccettuati i pochi timorati di Dio che anco erano soggetti a pigliar di gran granchi per ignoranza.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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