Dagliene, Natale! Giù, giù su quel muso di cartapecora! Venir qui nel mio castello a portarmi cotali imbasciate!... Furbo per diana!... Uh come sei conciato!... Bravi, figliuoli miei! Ora, basta, ora: che gli avanzi fiato da tornare a Venezia a recar mie novelle a quei buoni signori!
- Ohimè! tradimento! pietà! son morto! - gemeva il Messer Grande dimenandosi sul pavimento e cercando rifarsi ritto della persona.
- No, non sei morto, ninino - gli veniva dicendo il Partistagno. - Vedi?... Ti reggi anche discretamente in piedi, e con qualche rattoppatura nella tua bella vestaglia rossa non ci parrà piú un segno del brutto accidente. Or va' - e cosí dicendo lo conduceva fuor della porta. - Va' e significa a' tuoi padroni che il capo dei Partistagno non riceve ordini da nessuno, e che se essi hanno invitato me, io invito loro a venirmi a trovare nel mio castello di Caporetto sopra Gorizia, ove riceveranno tripla dose di quella droga che hai ricevuto tu.
Con queste parole egli lo aveva condotto saltellone fin sulla soglia del castello, ove gli diede uno spintone che lo mandò a ruzzolare fuori dieci passi sul terreno con gran risa degli spettatori. E poi mentre il Messer Grande palpandosi le ossa e il naso scendeva verso Udine in una barella requisita per istrada, egli co' suoi buli spiccò un buon volo per Caporetto donde non si fece piú vedere sulle terre della Serenissima. I vecchi contavano che de' suoi due compagni imbucati nelle segrete non si avea piú udito parlare.
Queste bazzecole succedevano in Friuli or son cent'anni e le paiono novelle dissotterrate dal Sacchetti.
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