Pagina (60/1253)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Eppure non v'aveva anima piú candida, piú modesta della sua; tantoché le cameriere la citavano per un modello di dolcezza e di bontà; e tutti sanno che negli elogi delle padrone il suffragio di due cameriere equivale di per sé solo ad un volume di testimonianze giurate. Quando la nonna abbisognava d'un caffè, o d'una cioccolata, e non era alcuno nella stanza, non s'accontentava ella di sonar la campanella, ma scendeva in persona alla cucina per dar gli ordini alla cuoca; e mentre questa approntava il bisognevole, stava pazientemente aspettando coi ginocchi un po' appoggiati allo scalino del focolare; od anche le dava mano nel ritirar la cocoma dal fuoco. Vedendola starsi a quel modo, la cucina mi pareva allor rischiarata da una luce angelica; e non la mi sembrava piú quel luogo triste ed oscuro di tutti i giorni. E qui mi dimanderanno alcuni perché nelle mie descrizioni io torni sempre alla cucina, e perché in essa e non nel tinello o nella sala io abbia introdotti i miei personaggi. Cosa naturalissima e risposta facile a darsi! La cucina, essendo la dimora abituale del mio amico Martino e l'unico luogo nel quale potessi stare senza essere sgridato, (in merito forse del buio che mi sottraeva all'attenzione di tutti) fu il piú consueto ricovero della mia infanzia: sicché come il cittadino ripensa con piacere ai passeggi pubblici dov'ebbe i suoi primi trastulli, io invece ho le mie prime memorie contornate dal fumo e dall'oscurità della cucina di Fratta. Là vidi e conobbi i primi uomini; là raccolsi e rimuginai i primi affetti, le prime doglianze, i primi giudizi.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





Martino Fratta