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      La sua signora consorte colla contessa Clara stavano alla sua diritta, e Monsignore col Cancelliere a sinistra; i posti fra questi e l'altro lato della tavola erano occupati dal Capitano colla moglie, e dagli ospiti. Se non v'eran ospiti, i loro posti restavano disoccupati, e se crescevano i due, il Capitano e la moglie cercavano rifugio negli intervalli fra il perito, il fattore e il Cappellano. Costui del resto, come dissi, sfuggiva quasi sempre all'onore della mensa padronale; laonde la sua posata il piú delle volte tornava netta in cucina. Agostino, il credenziere, recava le portate vicino al signor Conte, e questi dal suo seggiolone (egli solo aveva una specie di trono che gli uguagliava quasi le ginocchia al livello della tavola) gli accennava di tagliare. Quando avea finito, il signor Conte si pigliava giù il miglior boccone, e poi con un altro cenno passava il piatto alla moglie; ma mentre accennava colla destra, era già inteso a mangiare colla sinistra.
      Il cocchiere e Gregorio aiutavano il servizio, ma questi aiutava ben poco, perché troppo lo occupava il versar da bere a Monsignore, o lo slacciargli il tovagliolo e dargli delle gran tambussate nella schiena quando un boccone minacciasse di strangolarlo. La Pisana, s'intende, non pranzava in tavola, ché l'era onore serbato alle ragazze dopo gli anni del monastero. Ella mangiava in una dispensa fra il tinello e la cucina, colle cameriere. Quanto a me, rosicchiava gli ossi in cucina coi cani, coi gatti e con Martino. Nessuno s'era mai sognato di dirmi dove fosse il mio posto e quale la mia posata; sicché il posto lo trovava dovunque e invece di posata adoperava le dita.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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