Il Conte diceva in quelle ore di occuparsi degli affari di cancelleria; ma se ciò era, egli godeva d'una vista affatto straordinaria, poiché le sue finestre stavano sempre serrate fino alle sei. In quanto a Monsignore, egli dormiva e diceva di dormire; ma avesse anche voluto negarlo, russava tanto forte che tutti gli infiniti angoli del castello non gli avrebbero creduto. Dalle sei alle sei e mezzo, quando il tempo lo consentiva, la Contessa usciva pel passeggio; e il Conte e Monsignore le andavano di consueto incontro una mezz'ora dopo. Non dovevano temere di non incontrarla, perché ella andava invariabilmente tutte le sere coll'egual passo fino alle prime case di Fossalta e poi coll'egual passo tornava indietro impiegando in questo passeggio sessantacinque minuti, a meno d'incontri impreveduti. Non fu bisogno ch'io dicessi che insieme al Conte usciva anche il Cancelliere; questi camminava un passo dietro ai padroni, divertendosi col piede a gettar nel fosso i sassolini del sentiero, quando non era onorato di nessuna domanda. Ma piú spesso il Conte gli chiedeva conto delle faccende del mattino; ed egli lo ragguagliava degli esami che aveva fatto e delle cause sulle quali aveva stesa l'informazione per Sua Eccellenza. Queste informazioni erano tante sentenze alle quali Sua Eccellenza si compiaceva di apporre la firma; adoperando a ciò un doppio paio di occhiali e tutti i sudori della sua sapienza calligrafica. Mentre i due magistrati secolari s'intrattenevano delle faccende mondane, monsignor Orlando andava innanzi leccandosi colla lingua i denti e accarezzandosi la pancia.
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