Io gli risposi con un gesto da piazza che se lo prendesse, e che tra l'asino e lui avrebbero fatto sempre due, ma che mai non mi avrebbero toccato la cresta. Lí il Capo di Cento ci fece troncar le parole e noi n'andammo a ballare colle piú belle della sagra, mentre le Cernide accendevano i fuochi per far le frittate, cogli ovi che erano rimasti. Quella sera io mi fermai sulla festa piú forse che non avea contato nel venirci per vedere cos'era buono a fare quel mascalzone che m'avea sfidato; e cosí pure alcuni de' miei compagni. E poi ad un'ora di notte che faceva uno scuro d'inferno presimo verso la barca di Mendrisio dove sulla sponda opposta mi aspettava la carretta del castaldo. La strada era profonda e tortuosa fra campagne piene di alberi, e in qualche luogo tanto stretta da potervi a stento camminar di fronte quattro persone: siccome poi ognuno di noi per le abbondanti tracannate di ribolla voleva il posto per quattro, cosí s'era sempre lí lí per traboccar nel fosso qualcuno. Ridevamo insieme cantando anche come si poteva meglio col vino che ci gorgogliava quasi in gola, quando ad un gomito della via io vedo come una figura nera che scavalca il fosso di slancio e mi capita addosso a modo d'una bomba. Io mi ritraggo d'un passo, quando quella figura mi dice - Ah! sei tu! - e mi dà una buona insaccata nelle spalle e mi manda a ruzzolar nel pantano
come un sacco di carne porcina. Io poi mi levo puntandomi coi gomiti sul terreno e veggo quella figura che rifà il suo salto e scompar via nel buio della campagna.
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Capo Cento Cernide Mendrisio
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