Era affatto incapace di odio, anche contro i cattivi; perché non disperava del ravvedimento. Tutti gli esseri del creato erano suoi amici e la natura non ebbe mai figliuola piú amorosa e riconoscente. L'andava tant'oltre che non voleva veder per casa trappole da sorci, e camminando in un prato si distoglieva per non calpestar un fiore, o una zolla d'erba rinverdita. Eppure, senza esagerazioni poetiche, aveva l'orma cosí leggera che il fiore non chinava che un momento il capo sotto il suo tallone, e l'erba non si accorgeva neppur d'esserne calpestata. S'ella teneva uccellini in gabbia, era per liberarli al venir della primavera; e talvolta s'addomesticava tanto con quei vezzosi gorgheggiatori che le doleva il cuore nel separarsene. Ma cos'era mai per Clara il proprio rammarico quando ne andava di mezzo il bene d'un altro? Apriva lo sportello della gabbia con un sorriso fatto piú bello da due lagrime; e talvolta gli uccelletti venivano a becchettarle le dita prima di volar via; e restavano anche per qualche giorno nelle vicinanze del castello visitando con sicurezza la finestra ove avean vissuto la mala stagione prigionieri e felici. Clara li riconosceva; e sapeva loro grado dell'affettuosa ricordanza che le serbavano. Allora pensava che le cose di questo mondo son buone; e che gli uomini non potevano esser cattivi, se tanto grati ed amorosi le si mostravano i cardellini o le cinciallegre. La nonna sorrideva dalla sua poltrona vedendo le tenere e commoventi fanciullaggini della nipote.
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Clara
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