Cosí eran ite le cose mentr'io poppava e trangugiava pappa in tutte le case di Fratta; ma quando fui sui nove anni, e la Pisana ne aveva sette e il contino Rinaldo forniva la Rettorica presso i reverendi padri Somaschi, la contessina Clara era già cresciuta a perfetta avvenenza di giovane. Credo la toccasse allora i diciannove anni, benché non li mostrava per quella sua delicatezza di tinte che le serbò sempre le apparenze della gioventù. La sua mente si era arricchita di buone cognizioni pei libri ch'era venuta leggendo, e d'ottimi pensieri pel tranquillo svilupparsi d'un'indole pietosa e meditativa; la sensibilità le si esercitava piú utilmente nei soccorsi che distribuiva alle povere donne del paese, senza aver nulla perduto della sua grazia infantile. Amava ancora gli augelletti ed i fiori, ma vi pensava meno, allora che il tempo le era tolto da cure piú rilevanti; e del resto la sua serenità durava ancora la stessa, fatta ancora piú incantevole dalla coscienza che la irraggiava d'una sicurezza celeste. Quando dopo aver aiutato la nonna a spogliarsi ella entrava nel tinello, e sedeva vicino al tavolino ove giocava sua madre, col suo ricamo bianco in una mano e l'ago nell'altra, la sua presenza attirava tutti gli sguardi e bastava a raggentilire per un quarto d'ora la voce ed i discorsi dei giocatori. La Contessa, che aveva sufficiente avvedutezza, notava questo effetto ottenuto dalla figlia e n'era anche discretamente gelosa; colla sua cuffia di merlo e con tutta la boria di casa Navagero scolpita sulla fisonomia, ella non aveva mai ottenuto altrettanto.
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