Che faceva egli mai durante quelle assenze? Ecco quello che il dottor Sperandio s'incaponiva di voler discoprire, senza venirne a capo di nulla. Sulla settima scoperse finalmente che il suo signor figlio non si prendeva neppur la briga di arrivare fino a Padova; e che giunto a Venezia vi si trovava tanto bene da non ritener opportuno di andar oltre a spendere i denari del papà. Questo poi egli lo seppe da un suo patrono senatore, da un certo nobiluomo Frumier, cognato del Conte di Fratta, che villeggiava nella bella stagione a Portogruaro, e che insieme lo ammoniva della condotta alquanto sospetta tenuta da Lucilio a Venezia, a cagion della quale i signori Inquisitori lo tenevano paternamente d'occhio. - Giuggiole! non ci voleva altro! Il dottor Sperandio abbruciò la lettera, ne scompose le ceneri colla paletta, guardò in cagnesco Lucilio che si asciugava rimpetto a lui le uose di bufalo; ma per lunga pezza non gli parlò piú della laurea. Peraltro lo menava in pratica con lui per esperimentare il grado della sua erudizione nella scienza d'Esculapio; e siccome s'era trovato contento della prova, s'era messo a mandarlo qua e là per rivedere le lingue e le orine d'alquanti villani visitati da lui la mattina. Lucilio apriva sul taccuino le partite di Giacomo, di Toni e di Matteo colla triplice rubrica di polso, lingua ed orina: poi di mano in mano che faceva le visite empiva la tabella colle indicazioni richieste, e la riportava in buon ordine al suo signor padre che talora ne strabiliava per certi cambiamenti e strabalzi repentini non soliti ad avvenire nelle malattie della gente di badile.
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