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      Perciò non vi so dire se un'amante una sorella una sposa una madre una nonna si sarebbe stretta ad un uomo con maggior affetto che la vecchia Contessa a Lucilio. Giorno per giorno egli avea saputo ridestare una fiamma di quell'anima senile, assopita ma non morta nella propria bontà; e da ultimo si era fatto voler tanto bene, che non passava giorno senza ch'egli fosse desiderato o chiamato a tenerle compagnia. La Clara, per cui erano leggi i desiderii della nonna, aveva preso a desiderarlo come lei; e l'arrivo del giovine era per le due donne un momento di festa. Del resto la Contessa non sospettava nemmeno che il giovine potesse pensare ad altro che a far una buona azione od a ricrearsi fors'anco nei loro colloqui dall'inutile chiasso del tinello; Lucilio era il figliuol del dottor Sperandio, e Clara la primogenita del suo primogenito. Se qualche sospetto le avesse attraversato la mente in tale proposito, ne avrebbe vergognato come d'un giudizio temerario e d'un pensiero disonesto e colpevole apposto senza ragione a quella perla di giovane. Diciamolo pure; la era troppo buona ed aristocratica per prendersi ombra di simili paure. Il suo affetto per Lucilio prendeva tutti i modi d'una vera debolezza; e in riguardo di lui la tornava a diventar quella che era stata pel piccolo Orlando allorché si trattava di difendere la libertà della sua vocazione. Che ella poi non si accorgesse della piega presa mano a mano nel cuore dei due giovani dalla abitudine di vedersi e parlarsi sempre, non c'era da stupirsene.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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