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      - Giusto proprio! sei capitato a tempo! - si pensò di dire quella strega - ho dovuto metter in opera il menarrosto, ma giacché ci sei tu non fa piú di mestieri.
      In tali parole ella avea già cavato la corda dalla carrucola e dato a me in mano lo spiedo dopo averlo preso fuori dalla morsa del menarrosto. Io cominciai a voltare e a rivoltare non senza essere assalito e bersagliato dalle fantesche e dalle cameriere mano a mano che capitavano in cucina: e voltando e rivoltando pensava al Piovano, pensava a Fulgenzio, pensava a Gregorio, a Monsignore, al Confiteor, al signor Conte, alla signora Contessa ed alla mia cuticagna! Quella sera se mi avessero sforacchiato banda per banda collo spiedo non avrebbero fatto altro che diminuirmi il martirio della paura. Certo io avrei preferito arrostita la mia cuticagna, piuttostoché abbandonarla per tre soli minuti alle mani della Contessa; e in quanto alla conciatura, trovava nella mia idea assai piú fortunato san Lorenzo che san Bartolomeo. Finché tutti attendevano a malmenarmi, nessuno avea potuto domandare cosa m'avessi io fatto in quella cosí lunga assenza; ma quando fui inchiodato allo spiedo cominciarono ad assaltarmi d'ogni banda di richieste e d'interrogazioni, sicché dopo essere stato duro sotto le battiture, io presi in quel frangente il partito di piangere.
      - Ma cos'hai ora, che ti sciogli in lagrime? - mi disse Martino - oh non val meglio rispondere a quello che ti si domanda?
      - Son stato giù nel prato dei mulini; son stato là lungo l'acqua a pigliar grilli, son stato!


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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