N'è vero, Veronica, che son famoso io per far metter giudizio alla gente?
- Va là! volevate dire per farlo perdere! - rispose sua moglie, uscendo dal focolare ed avviandosi al tinello.
- Vado ora a dire alla signora Contessa che non stia in angustie, e che Carlino è tornato.
Io non aveva uno specchio dinanzi; contuttociò potrei giurare che a quell'annunzio mi si drizzarono i capelli sul capo, come tanti parafulmini. Mi fu allora di mestieri una nuova esortazione della cuoca per tirar innanzi collo spiedo, e poi stetti là piú stupidito che rassegnato ad aspettare gli avvenimenti. Infatti questi non mi fecero aspettare a lungo. Mentre la Contessa violava da una banda la sua prammatica giornaliera, e compariva per la terza volta in cucina colla signora Veronica a latere, dall'altra veniva dentro Fulgenzio colla sua grossa figura da santone seppellita piú del solito nel collare della giacchetta. Mai la similitudine di Cristo fra i due ladroni non si è appropriata cosí bene come a me in quel caso; ma sul momento non avea tempo di burlare, poiché sapeva benissimo che nessuno di quei ladri si sarebbe pentito. La Contessa si fece innanzi strascicando oltre l'usanza la coda della veste, e mi si piantò proprio sul viso; che la vampa del focolare le rendeva gli occhi come due bragie, e lucente al pari d'un carbonchio la goccioletta che spesso aggiungeva vezzo al suo naso uncinato.
- Cosí - mi disse stendendo verso di me una mano che mi fece raggruzzolar tutto per i brividi che mi corsero giù per la schiena - cosí, brutto ranocchio, tu rimeriti la bontà di chi ti ha raccolto, allevato, nutrito, ed educato anche a leggere, a scrivere, e a servir messa?
| |
Veronica Contessa Carlino Contessa Veronica Fulgenzio Cristo Contessa
|