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      Fin da fanciullo egli avea tenuto usanza di buon vicino in quella casa; e allora la continuava alla meglio, come se niente fosse; tantoché il vederlo capitar ogni tanto a mangiare daccanto al fuoco la sua scodella di brovada la era diventata per tutti un'abitudine.
      La famiglia dei Provedoni contava in paese per antichità e per reputazione. Io stesso mi ricordo aver letto il nome di ser Giacomo della Provedona nel protocollo d'una vicinia tenuta nel 1400 e d'allora in poi l'era sempre rimasta principale nel Comune. Ma se la sorte delle povere Comuni non era molto ridente in mezzo alle giurisdizioni castellane che le soffocavano, piú meschina era l'importanza dei loro caporioni appetto dei feudatari. San Marco era popolare, ma alla lontana, e piuttosto per pompa; e in fondo gli stava troppo a cuore, massime in Friuli, l'ossequio della nobiltà perch'egli volesse alzarle contro questo spauracchio delle giurisdizioni comunali. Sopportava pazientemente quelle già stabilite e pazienti a segno da non dar appiglio ad essere decapitate con soverchie pretese di stretto diritto; ma le teneva in santa umiltà con mille vincoli, con mille restrizioni; e quanto allo stabilirne di nuove se ne guardava bene. Se una giurisdizione gentilizia, per ragioni d'estinzione di sentenza o di fellonia, ricadeva alla Repubblica, anziché costituirla in comunale, usavasi infeudarne qualche magistratura o, come si diceva, qualche carica della Provincia. Cosí si otteneva sott'acqua il doppio scopo, di rintuzzare almeno nel numero i signori castellani, ai quali l'appoggiarsi era necessità, non bramata tuttavia; e di mantenere le popolazioni nell'usata e cieca servitù, aliene piucché si poteva dai pubblici impasti.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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