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      Il giovine udí quella sommessa esclamazione e per la prima volta il suo nome gli parve non abbastanza grazioso e carezzevole per albergar degnamente in labbra tanto gentili. Peraltro gli gioí il cuore d'essere conosciuto dalla fanciulla, trovandosi cosí avviato a stringer conoscenza con lei.
      - E voi chi siete, bella ragazza? - domandò egli balbettando, e guardando nell'acqua della fontana il ritratto, ché non gli bastava ancor l'animo di fisar l'originale.
      - Sono la Doretta del cancelliere di Venchieredo - rispose la fanciulla.
      - Ah lei è la signora Doretta! - sclamò Leopardo che con una doppia voglia di guardarla se ne trovò doppiamente impedito per la confusione di averla trattata alle prime con poco rispetto.
      La giovinetta alzò gli occhi come per significare: - Sí, son proprio io quella, e non capisco perché se ne debba stupire. - Leopardo restrinse intorno al cuore tutta la riserva del suo coraggio per tornare alla carica; ma l'era cosí novizio lui nell'usanza delle interrogazioni, che non fu meraviglia se per la prima volta vi fece una mediocrissima figura.
      - N'è vero che fa molto caldo oggi? - riprese egli.
      - Un caldo da morire - rispose la Doretta.
      - Ma crede che continuerà? - domandò l'altro.
      - Eh, secondo i lunari! - soggiunse malignamente la fanciulla. - Lo Schieson dice di sí, e il Strolic promette di no.
      - E lei mo cosa ne pronostica? - seguitò Leopardo andando di male in peggio.
      - Io per me sono indifferente! - rispose la fanciulla che cominciava a prender qualche sollazzo di quel dialogo.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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