Il castellano di Venchieredo subir un processo da un suo pari!... S'immagini! il decoro non me lo permette. Insterò io stesso perché quel processo lo si istituisca altrove: a Udine, a Venezia, che so io, allora mi purgherò, allora mi difenderò. Qui, ella vede bene, è impossibile; io non devo sopportarlo a costo d'ammazzarne, non che uno, mille!
Il Conte di Fratta tremò tutto da capo a piedi; ma oggimai si era avvezzato a quei sussulti importuni e trovò fiato da soggiungere:
- Ebbene Eccellenza; e non si potrebbe addirittura mandarle a Venezia quelle carte inconcludenti?...
- Oibò - s'affrettò a interromperlo il Venchieredo. - Non le ho detto ch'io voglio che le sieno abbruciate?... Cioè, m'intendeva dire, che essendo inconcludenti non c'è ragione da incommodarne il messo postale.
- Quand'è cosí; - rispose a voce bassa il Conte - quand'è cosí le abbrucieremo... domani.
- Le abbrucieremo subito - ripigliò alzandosi il castellano.
- Subito?... subito, vuole?... - Il Conte alzò gli occhi, ché di togliersi da sedere non si sentí in quel punto la benché minima volontà. Convien supporre peraltro che la faccia del suo interlocutore fosse molto espressiva, perché immantinente soggiunse: - Sí, sí, ella ha ragione!... Subito vanno abbruciate, subito!...
E allora con gran fatica si mise in piedi, e mosse verso l'uscio che non sapeva piú in qual mondo si fosse. Ma appunto mentre toccava il saliscendi, una voce modesta e piagnolosa domandò: - Con permesso -, e l'umile Fulgenzio con un piego tra mano entrò nella sala.
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