- osservò il cavallante.
- Mi pare che il ponticello della scuderia ci assicuri una sortita in caso di bisogno - replicò sapientemente il Capitano.
- No, no, non voglio sortite! - tornò a gridare il Conte - buttate giù subito anche il ponticello della scuderia: io metto da questo punto il mio castello in istato d'assedio e di difesa.
- Faccio osservare a Sua Eccellenza che rotto quel ponte non si saprà piú donde uscire per le provvigioni della giornata - obbiettò il fattore inchinandosi.
- Non importa! dice bene mio marito! - rispose la Contessa che era la piú spaventata di tutti. - Voi pensate ad ubbidire e a demolir tosto il ponticello delle scuderie: non c'è tempo da perdere! Potremmo esser assassinati da un momento all'altro.
Il fattore s'inchinò piú profondamente di prima, e uscí per adempiere all'incarico ricevuto. Un quarto d'ora dopo le comunicazioni del castello di Fratta col resto del mondo erano intercettate affatto, e il Conte e la Contessa respirarono di miglior voglia. Solamente monsignor Orlando, che pur non era un eroe, s'arrischiò di mostrare qualche inquietudine sulla difficoltà di procacciarsi la solita quantità di manzo e di vitello per l'indomani. Il signor Conte, udite le rimostranze del fratello, ebbe campo di mostrare l'acume e la prontezza del suo genio amministrativo.
- Fulgenzio - diss'egli con voce solenne - quanti neonati ha la vostra scrofa?
- Dieci, Eccellenza - rispose il sagrestano.
- Eccoci provveduti per tutta la settimana - riprese il Conte - giacché pei due giorni di magro provvederà la peschiera.
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