- Eccellenza, ella si dimentica una circostanza - s'intromise a dire monsignore di Sant'Andrea. - Sembra che i fuggitivi fossero sgherani essi pure travestiti da contrabbandieri e cacciati innanzi come pretesti a movere questo gran tafferuglio. Germano pretende aver conosciuto fra loro alcun mustacchione di Venchieredo.
- Eh cosa c'entro io! cosa ci ho a far io! - sclamò disperatamente il povero Conte.
- Si potrebbe intanto mandar fuori alcuno di soppiatto che spiasse come vanno le cose, e cercasse conto della Contessina - consigliò il cavallante.
- Oibò, oibò! - rispose stremenzita la Contessa - sarebbe una grave imprudenza, tanto piú che in castello si scarseggia di gente e non è questo il momento da allontanare i piú esperti!
La Pisana che era accosciata con me fra le ginocchia di Martino, si avanzò baldanzosamente verso il focolare, offrendosi ad andar lei in traccia della sorella; ma erano tanto costernati che nessuno fuori di Marchetto sembrò accorgersi di quella fanciullesca e commovente temerità. Peraltro l'esempio non fu senza frutto, e dopo la Pisana io pure m'offersi ad uscire in cerca della Contessina. Questa volta l'offerta ebbe la fortuna di fermare taluno.
- Davvero tu ti arrischieresti ad andar fuori per dar una occhiata? - mi domandò il fattore.
- Sí certo - soggiunsi io, alzando la testa e guardando fieramente la Pisana.
- Ci andremo insieme - disse la fanciulla che non volea parere dammeno di me.
- Eh no, non sono affari da signorine questi, - riprese il fattore - ma qui il Carlino potrebbe trarsi d'impaccio a meraviglia.
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