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      - Cosa le pare, Capitano? - gli disse Lucilio con un ghignetto alquanto beffardo. - Avrebbe fatto anche lei quello che ho fatto io?...
      - Sissignore... lo aveva già fatto; - balbettò il Capitano - ma mi sento lo stomaco...
      - Poveretto! - lo interruppe la signora Veronica. - Egli ha faticato fin adesso; ed è suo merito se i manigoldi non son già penetrati in castello. Ma non è piú tanto giovane, la fatica è fatica, e le forze non corrispondono alla buona volontà!
      - Ho bisogno di riposo - mormorò il Capitano.
      - Sí, sí, riposi con suo comodo; - soggiunse Lucilio - il suo zelo lo ha provato bastevolmente; e ormai può mettersi sotto la piega colla coscienza tranquilla.
      Il veterano di Candia non se lo fece dire due volte; infilò la scala volando come un angelo, e per quanto la moglie gli stesse a' panni gridando di guardarsi bene e di non precipitarsi! in quattro salti fu nella sua stanza ben inchiavata e puntellata. Quel dover passare vicino alle feritoie gli avea dato il capogiro; e gli parve di stare assai meglio fra la coltre e il materasso. Ai pericoli futuri Dio avrebbe provveduto; egli temeva piú di tutto i presenti. La signora Veronica poi si sfogava, rimproverandogli sommessamente la sua dappocaggine; ed egli rispondeva che non era il suo mestiero quello di affrontare i ladri, ma che se si fosse trattato di vera guerra guerreggiata lo avrebbero veduto al suo posto.
      - Giovinastri, giovinastri! - sclamò il valentuomo stirandosi le gambe. - La trinciano da eroi perché hanno l'imprudenza di sfidar una palla facendo capolino dai merli.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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