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      Il giorno dopo soldati, Cernide e sbirri ebbero per ordine del signor Conte una grossa mancia; e ognuno tornò a casa sua dopo aver ascoltato tre messe, in nessuna delle quali io fui seccato perché recitassi il Confiteor. Cosí si tornò dopo quella furia di burrasca alla solita vita; il signor Conte per altro aveva raccomandato che portassimo il trionfo con fronte modesta perché non gli garbava per nulla di andar incontro ad altre rappresaglie.
      Con simili disposizioni d'animo vi figurerete che il processo instituito sulle rivelazioni di Germano non andò innanzi con molta premura; e neppure pareva che vi avesse volontà di castigare davvero quei quattro sgherani che erano rimasti prigioni di guerra del Partistagno. Il Venchieredo, fatto accortamente palpare a loro riguardo, rispose che egli veramente li avea mandati sull'orme di alcuni contrabbandieri che si dicevano rifugiati nelle vicinanze di Fratta, che se poi le sue istruzioni erano state da loro oltrepassate in modo punibile criminalmente, ciò non riguardava lui ma la cancelleria di Fratta. Il Cancelliere del resto non mostrava gran volontà di veder a fondo nelle cose, e sfuggiva di condurre i detenuti a pericolose confessioni. L'esempio di Germano parlava troppo chiaro; e l'accorto curiale era uomo da pigliar le cose di volo. Lasciava dunque dormire il processo principale, e in quell'altra inquisizione dell'assalto dato alla torre era felicissimo di aver provato la perfetta ubbriachezza dei quattro imputati. Cosí sperava lavarsene le mani, e che la polvere dell'obblio si sarebbe accumulata provvidenzialmente su quei malaugurati protocolli.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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