La Contessa non mi aspreggiava piú, e qualche volta sembrava vicina a ricordarsi della nostra parentela benché si ravvedesse tosto da quegli slanci di tenerezza. Però non si oppose al marito quando egli si mise in capo di avviarmi alla professione curiale, aggiungendomi intanto come scrivano al signor Cancelliere.
Finalmente ebbi la mia posata alla tavola comune, proprio vicino alla Pisana, perché le strettezze della famiglia, che continuavano con una pessima amministrazione, aveano fatto smettere l'idea del convento anche riguardo alla piccina. Io seguitava a taroccare a giocare e a martoriarmi con lei; ma già la mia importanza mi compensava degli smacchi che ancor mi toccava sopportare. Quando poteva passarle dinanzi recitando la mia lezione di latino, che doveva ripetere al Piovano la dimane, mi sembrava di esserle in qualche cosa superiore. Povero latinista! come la sapeva corta!...
CAPITOLO SESTO
Nel quale si legge un parallelo fra la Rivoluzione francese e la tranquillità patriarcale della giurisdizione di Fratta. Gli Eccellentissimi Frumier si ricoverano a Portogruaro. Crescono la mia importanza, la mia gelosia, la mia sapienza di latino, sicché mi mettono per graffiacarte in cancelleria. Ma la comparsa a Portogruaro del dotto padre Pendola e del brillante Raimondo di Venchieredo mi mette in maggior pensiero.
Gli anni che al castello di Fratta giungevano e passavano l'uno uguale all'altro, modesti e senza rinomanza come umili campagnuoli, portavano invece a Venezia e nel resto del mondo nomi famosi e terribili.
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