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      Sarà forse vero che gli uomini non son altro che eterni fanciulli!". - Eterni, eterni! - mormorava il vecchio accarezzando le guance flosce e grinzose - volesse il Cielo!
      Dopoché Lucilio era sopraggiunto a sbraciare l'entusiasmo dei cortigiani del Senatore, coloro che sedevano ai tavolini del giuoco, le signore principalmente, soffrivano delle frequenti distrazioni. Quel chiasso continuo di domande, di risposte, di accuse e di difese, di scherzi, di risate, di esclamazioni e di applausi moveva un poco la curiosità, e, diciamolo, anche l'invidia dei giocatori. I divertimenti del quintilio e le commozioni del tresette erano di gran lunga meno vibrate; quando un cappotto aveva originato le solite ironiche congratulazioni, le solite minacce di rivincita, tutto finiva lí, e si tornava come rozze di vettura al monotono andare e venire della partita. Invece di quel cantone della sala la conversazione s'avvicendava sempre varia allegra generale animata. Gli orecchi cominciarono a tendersi verso colà, e gli occhi ad invetrarsi sulle carte.
      - Ma signora, tocca a lei. Ma dunque non ha capito la sfida!
      - Scusi, ho un po' di mal di capo; - ovvero:
      - Non ho badato; aveva la testa via! - Cosí si bisticciavano da un lato all'altro dei tavolini, e le colpevoli si rimettevano, sospirando a giocare. Lucilio ci entrava non poco in tutti quei sospiri, ed egli lo sapeva. Sapeva l'effetto da lui prodotto sulla conversazione del Senatore, e se ne riprometteva di rimbalzo una generosa gratitudine da parte della Clara.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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