La fanciulletta corse difilato nell'anticamera della cancelleria dov'io aveva il mio studio, e rossa di sdegno e di vergogna mi saltò colle braccia al collo.
- Cos'è stato? - io sclamai gettando la penna, e alzandomi da sedere.
- Oh, me la pagherà il signor Merlo!... sí che me la pagherà! - balbettava fremente la Pisana.
Io mi era svezzato dall'udirla adoperare questo soprannome, e non intendeva di chi volesse parlare.
- Ma chi è questo signor Merlo, cosa ti ha fatto? - le chiesi io.
- Eh!... il signor Merlo di Fossalta, che vuol intricarsi de' fatti miei, e interrogarmi, e correggermi, come se fossi una sua servetta!... E sí ch'io sono una contessa ed egli un cavasangue, buono al piú pei miserabili e pei villani!
Io sorrisi per molte idee che mi traversarono il capo a quelle parole; e seppi poi piú chiaramente la cagione precisa di quella gran ira. Intanto approfittai dell'opportunità per tirar la fanciulla ad altri schiarimenti.
- Sulle prime - le dissi - io non aveva capito a chi tu volessi alludere con quel tuo signor Merlo!... Infatti era un gran pezzo che non chiamavi il signor Lucilio a questo modo.
- Hai ragione - mi rispose la Pisana - gli era proprio un secolo. E guarda che stupida!... Ci fu anche un tempo ch'egli mi piaceva; e massimamente a Portogruaro in casa della zia restava incantata a udirlo parlare. Caspita! come stavano mogi e attenti ad ascoltarlo tutti quegli altri signori! Io avrei dato non so che cosa per essere in lui a fare quella gran figura.
- Gli volevi proprio bene - osservai io con un segreto tremore.
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