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      Questa era una qualità singolarissima della sua indole, che purché fosse certa di far contento alcuno, a nessuna opera, per quanto difficile e schifosa, si sarebbe rifiutata. Se uno storpio, uno sciancato, un mostro avesse mostrato desiderio d'ottenere un suo sguardo lusinghiero, tosto ella glielo avrebbe donato cosí amorevole, cosí lungo, cosí infocato come al vagheggino piú lindo e lucente. Era generosità, spensieratezza, o superbia? Forse questi tre motivi si univano a renderla tale; per cui non ebbe dintorno essere tanto odioso e spregevole che con un'attitudine di preghiera non ottenesse da lei confidenza e pietà, se non affetto e stima. Perfino con Fulgenzio si addomesticava talvolta a segno da sedere al suo focolare intantoché dimenavano la polenta. E poi, uscita di là, la sola memoria di quel bisunto e ipocrita sagrestano le metteva raccapriccio. Ma non sapeva resistere a un'occhiata di adulazione. La signora Veronica s'era accorta di questo; e di antipaticissima che le era dapprincipio avea saputo renderlesi sopportabile e quasi cara, a forza di piacenteria. Figuratevi qual perfezionamento di educazione fu per lei l'interessata indulgenza di quest'aia da trivio! Avea finito per entrarle in grazia col farle addirittura da mezzana; ed era dessa che correva ad avvertirla e faceva scappare Giulio Del Ponte per la parte delle scuderie, quando il Conte o Monsignore si svegliavano prima del solito. La Faustina, rimasta a Fratta come cameriera, non le era miglior compagna. Queste mezze vesticciuole cittadinesche ridotte a vivere in campagna, diventano maestre di vizii e di corruzione; e la Faustina peggio forse di molte altre, perché ve la tirava il temperamento tutt'altro che modesto.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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