Continuava cosí vagabondo e melanconico in quelle vacanze autunnali quando un giorno che aveva creduto intravvedere nella Pisana una cera piú benigna del solito, me le misi dietro, la seguii fuori per l'orto fin sulla strada di Fossalta; e poi avvicinandomele di soppiatto passai il mio braccio nel suo chiedendole se mi avrebbe sopportato per compagno. Non avessi mai osato tanto! La giovinetta mi si voltò contro con tali occhi che parve mi volesse divorare! e poi volle dar sfogo alla sua bile con qualche grande ingiuria, ma la voce le rimase strozzata in gola, e si morse le labbra che ne spillò il sangue fino sul mento.
- Pisana - le dissi - per carità, Pisana, non guardarmi in quella maniera!
Ella strappò violentemente il braccio di sotto al mio e lasciò di mordersi le labbra perché omai la rabbia dava passo alle parole.
- Cosa fate? cosa mi chiedete? - rispose ella disdegnosamente. - Non siamo piú fanciulli mi pare! Ora è tempo di stare ciascuno al nostro posto, e mi maraviglio che voi, anziché eccitarmi a dimenticare questa massima, non me la rechiate a mente quando la troppa bontà me ne fa smemorare. Già lo sapete ch'io sono bizzarra e di primo impeto; or dunque tocca a voi freddo e ragionevole di natura ricordarvi chi siete e chi sono io!...
Ciò detto ella mi volse le spalle e s'avviò verso l'ombra di alcuni salici dove Giulio Del Ponte l'aspettava collo schioppo in ispalla.
Seppi poi che si avean data la posta colà, e che l'idea ch'io la seguissi per ispiarla avea ispirato alla Pisana quelle cattive parole.
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