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      Mi ricordai anche allora di averli incontrati qualche volta sotto il portico dell'Università; e mi parve che non fossero né i piú esemplari né i piú modesti che là frequentavano fra una lezione e l'altra.
      Basta! faranno forse per seguire le pecorelle smarrite, e invogliarle a farsele venir dietro!
      io pensai allora. Ma non ebbi la benché minima voglia di stringer amicizia con esso loro come l'avvocato mi consigliava; come anche accettai con un inchino l'invito fattomi dalla Marchesa di andar qualche volta alla sua conversazione ove avrei passato un paio d'ore lontano dai pericoli, in mezzo a gente sicura e timorata di Dio. L'inchino voleva dire: "Grazie, ne faccio senza della sua conversazione!". Ma l'avvocato si affrettò a rispondere in mio nome che io era gratissimo alla cortesia della signora Marchesa e che vi avrei corrisposto col farmi vedere in sua casa il piú spesso che me lo avrebbero concesso le mie occupazioni. Io fui lí lí per soggiungere qualche sproposito, tanto mi mosse la rabbia quell'uso che si faceva a capriccio altrui della mia volontà. Ma l'avvocato mi rabboní con un'occhiata, e aggiunse poi sottovoce: - La marchesa è molto amante della gioventù; bisogna saperle grado delle sue ottime intenzioni; e compatirla ne' suoi difetti pel gran bene che la può fare!
      Insomma in onta a queste belle chiacchiere io mi tolsi di casa dell'avvocato ben deliberato di non immischiarmi piú né de' suoi pranzi, né della conversazione della Marchesa. Pei due giorni seguenti ne ebbi peraltro il vantaggio di trovar piú saporito il minestrone del collegio: con una libbra di pane affettatavi dentro mi parve di essere a un banchetto reale.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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