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      Io mi sentii rivoltare lo stomaco e seguii la fanciulla con un'occhiata lunga e pietosa.
      - Finalmente ti si vede! - mi diss'ella la prima.
      - Come finalmente? - risposi io - ci siam veduti e salutati mi pare anche iersera.
      - Iersera sí! ma non eravamo soli, e la gente, a dirti il vero, comincia a darmi soggezione.
      - Hai ragione, iersera non eravamo soli: c'era molta gente; fra gli altri Raimondo Venchieredo e Giulio Del Ponte.
      Io introdussi questi due nomi per giungere al discorso che voleva intavolare con lei, ma ella ci odorò all'incontro un grano di gelosia, e credo che me ne seppe buon grado.
      - Il signor Giulio Del Ponte - soggiunse ella - e il signor Raimondo di Venchieredo non mi fanno adesso né caldo né freddo; peraltro sono anch'essi gente come gli altri, e non mi ci trovo piú di fare spettacolo pubblicamente de' miei sentimenti.
      - Questo sarebbe un gran bene, Pisana; ma col fatto non mantieni la promessa. Ieri per esempio mi pare che i tuoi sentimenti pel signor Raimondo fossero abbastanza chiaramente espressi, e che Giulio li comprendesse a meraviglia.
      - Oh non mi secchi piú il signor Giulio! ho anche troppo fatto e sofferto per lui!
      - Dici davvero? hai sofferto per lui?
      - Figurati!... io gli voleva un po' di bene ed egli se ne ingalluzzí tanto che s'era, credo, messo in capo di sposarmi. Ma già sai come la sentano i miei su questo tasto del matrimonio. Sarebbe stata una replica di quella brutta commedia di Clara e di Lucilio; io ho dovuto metter giudizio anche per lui, gli ho parlato fuor dei denti, e per ridurlo meglio a ragione ho preso a far meno la ritrosa con Raimondo.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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