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      Quelle condizioni di ripiego gli accomodavano assai. Ed io tirava innanzi abbastanza contento delle benedizioni che mi venivano da tutti per la mia imparzialità, per la mia premura, sopratutto poi per la moderazione nel riscuotere le tasse. Donato, il figliuolo dello speziale, e il mugnaio Sandro, da antichi rivali che mi erano stati, divenuti allora miei compagni ed amici, mi crescevano il favor della gente coi loro panegirici. Insomma, io provava allora la verità di quella massima, che nello zelante adempimento dei proprii doveri si nasconde il segreto di dimenticare i dolori e di vivere meno male che si può.
      La salute di Giulio Del Ponte che pareva ristabilirsi ogni giorno piú era la piú cara ricompensa che m'avessi dei miei sacrifizi. Io riguardava quel miracolo come opera mia, e mi sarà perdonato se fra me osava insuperbire. Raimondo, stanco stanchissimo di veder la Pisana portare gli abiti donatigli da lui e affibbiarsi i suoi spilloni senza tornar per nulla alle tenerezze d'una volta, se l'avea svignata pulitamente. Giovandosi delle dissensioni che inacerbivano sempre piú in casa Provedoni, e della vecchiaia omai quasi impotente del dottor Natalino, persuase egli Leopardo di accasarsi a Venchieredo per aiutarvi il suocero. Il buon pastriccione, sempre piú infinocchiato dalla Doretta, accondiscese; e cosí tutti dicevano che il signor Raimondo era ben fortunato di abitar colla ganza sotto le stesse tegole. Il solo marito non credeva a ciò; egli era innamorato e piú che innamorato servitore di sua moglie.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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