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      Da noi abbiamo due o tre vocabolari, e i dotti hanno costumi di appigliarsi al piú disusato. Quanto poi alla logica la adoperano come un trampolo a spiccare continui salti d'ottava e di decima. Quelli che son soliti a salire gradino per gradino restano indietro le mezze miglia, e perduto che hanno di vista la guida siedono comodamente ad aspettarne un'altra che forse non verrà mai. Animo dunque: non dico male di nessuno: ma scrivendo, pensate che molti vi abbiano a leggere. E cosí allora si vedrà la nostra letteratura porger maggior aiuto che non abbia dato finora al rinnovamento nazionale.
      E la lettera della Pisana dove l'ho lasciata? - Fidatevi: sono un girellone ma dàlli dàlli alle lunghe ci torno. La lettera della Pisana l'ho ancora qui insieme alle altre nel cantero piú profondo del mio scrittoio: e se ne avessi voglia potrei farvi assaggiare qualche fioretto di lingua d'un gusto molto bizzarro; ma vi basterà sapere che la mi dava notizia della Clara sempre novizia in convento e un po' anche di Lucilio, il quale faceva parlar molto di sé a Venezia col suo fanatismo pei Francesi. Se costoro davano volta gli si pronosticava una brutta fine.
      Ma di dar volta non se la sognavano nemmeno, quegli invasati Francesi d'allora! La guerra contro di loro s'era impiccolita: soltanto l'Austria e il Piemonte duravano in campo; e cosí ridotta essi la sostenevano con miglior animo e con maggiori speranze di prima. Peraltro non accaddero grandi novità fino all'inverno e allora, chi le ebbe se le tenne; quello che doveva inventar la guerra d'ogni mese non aveva ancor fatto capolino dalle Alpi, e le nevi intimarono il solito armistizio.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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