Il general francese se ne prevalse a sua commodità. Scorrazzò invase taglieggiò provincie, città, castelli. Ruppe due eserciti di Wurmser e d'Alvinzi sul Garda sul Brenta sull'Adige; un terzo di Provera presso a Mantova e nel febbraio del '97 la fortezza si arrende. A Fratta si dubitava ancora; ma a Venezia tremavano davvero; quasi quasi s'aveva udito a San Marco il tuonar dei cannoni; non era piú tempo da ciarle. Pur seguitavano a sperare e a credere che come eran vissuti, cosí sarebbero scampati per sorte, per accidente, secondo la celebre espressione del doge Renier. La Contessa peraltro in mezzo a quei subbugli non si vedeva tranquilla; neppur le pareva buon partito di rifugiarsi in terraferma quando tutti ne partivano per ricoverarsi a Venezia. I Frumier vi erano già tornati con gran rammarico della eletta società di Portogruaro; la Contessa adunque scrisse a suo figlio che avrebbe adoperato ottimamente di recarsi egli pure presso di lei, giacché un uomo in famiglia era una gran malleveria; e gli raccomandava di portar seco quanto piú danaro poteva per ogni emergenza. Il conte Rinaldo giunse a Venezia quando appunto la guerra napoleonica romoreggiava alle porte del Friuli e persuadeva al capitano Sandracca che il giovine general còrso non era né un essere ipotetico né un nome romanzesco inventato dal Direttorio. Il Capitano tanto piú temette reale e presente il generale di Francia quanto piú lo avea schernito lontano e imaginario. Tutto ad un tratto si sparge la nuova che l'arciduca Carlo scende al Tagliamento con un nuovo esercito, che i Francesi gli vengono addosso, che sarà un massacro un saccheggio una rovina universale.
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