- Largo al signor Carlino! - Parli il signor Carlino!
Quanto al ringraziarli di quegli ossequi e all'andar innanzi io me la cavava ottimamente; ma in punto a parlare, affé che non avrei saputo cosa dire: fortuna che il gran fracasso me ne dispensava.
Ma vi fu lo sciagurato che cominciò a zittire, a intimar silenzio; e pregare che si fermassero ad ascoltar me, che dall'alto del mio ronzino, e inspirato dal mio bell'abito prometteva di esser per narrar loro delle bellissime cose. Infatti si fermano i primi; i secondi non possono andar innanzi; gli ultimi domandano cos'è stato. - È il signor Carlino che vuol parlare! Silenzio! Fermi! Attenti!... - Parli il signor Carlino! - Oramai il cavallo era assediato da una folla silenziosa, irrequieta, e sitibonda di mie parole. Io sentiva lo spirito di Demostene che mi tirava la lingua; apersi le labbra... - Ps, ps!... Zitti! Egli parla! - Pel primo esperimento non fui molto felice; rinchiusi le labbra senza aver detto nulla.
- Avete sentito?... Cosa ha detto? - Ha detto che si taccia! - Silenzio dunque!... Viva il signor Carlino!
Rassicurato da sí benigno compatimento apersi ancora la bocca e questa volta parlai davvero.
- Cittadini - (era la parola prediletta di Amilcare) - cittadini, cosa chiedete voi?
L'interrogazione era superba piú del bisogno: io distruggeva d'un soffio Doge, Senato, Maggior Consiglio, Podesteria e Inquisizione; mi metteva di sbalzo al posto della Provvidenza, un gradino di piú in su d'ogni umana autorità. Il castello di Fratta e la cancelleria non li discerneva piú da quel vertice sublime; diventava una specie di dittatore, un Washington a cavallo fra un tafferuglio di pedoni senza cervello.
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